Suggerimenti & nuovi trend 06.06.2017

Orange Wine, ma cosa sono?

Prova a indovinare! E no, non è il nome inglese del "Veneziano", ne un vino a base di arancie. Quindi?

Dopo il rosso, il bianco e il rosato, con gli orange wine arriva ora l’arancione, il “quarto colore del vino”.

Diciamo subito che i vini arancioni non sono miscele a base di arance né bianchi aromatizzati. Si tratta di nettari naturali ottenuti da uve bianche vinificate in rosso, cioè lasciate macerare a lungo con le bucce. Durante questa fase, che può durare settimane o anche mesi, le bucce rilasciano tannini e pigmenti che regalano al vino le tipiche tonalità dall’arancione all’ambrato. Fondamentale è una materia prima priva di difetti, poiché il mosto di uva bianca tende ad acetificare e ossidare, nel qual caso darà un prodotto visivamente molto simile all’orange wine ma del tutto imbevibile. Dunque occorrono uve perfettamente sane, coltivate in piccoli appezzamenti a bassa resa, il che implica maggiore lavoro per il vignaiolo e quindi anche un prezzo più alto del prodotto finale.

Gli orange wine sono vini non filtrati, ottenuti senza impiego di additivi chimici, lieviti, enzimi e zuccheri aggiunti. Nonostante il basso livello di zolfo, raggiungono stabilità grazie a un affinamento di anni in botti di rovere e in bottiglia.

Aspetto, profumo e sapore variano sensibilmente a seconda delle scelte del produttore. Al momento è difficile dire se gli orange avranno successo sul mercato. Certo è che non diventeranno mai vini di massa, e non solo per via del costo relativamente elevato. L’alto contenuto di tannini si traduce infatti in un gusto e in aromi decisamente insoliti. Inoltre nel prodotto finale si perde il carattere del vitigno originario, cosa che non tutti apprezzano e che, per inciso, impedisce agli orange wine di entrare nel novero dei vini pregiati. Si tratta insomma di un prodotto di nicchia, riservato ai palati allenati o comunque curiosi nei confronti delle novità.

Anche se per noi rappresentano un fenomeno recente, gli orange wine hanno radici antiche. Pare che la loro culla sia la Georgia, dove già 5.000 anni fa si effettuava la vinificazione sulle bucce all’interno dei “qvevri”, le grandi anfore di argilla cotta che venivano sepolte per alcuni mesi nella terra.

Negli ultimi decenni questa pratica enologica tradizionale si è diffusa in Slovenia, Croazia, Francia, Germania, Nuova Zelanda e California. Anche in Italia ha trovato seguito specie presso alcuni rinomati vignaioli del Friuli Venezia Giulia e del Veneto.